Ecco l’Agricoltura Simbiotica: latte di migliore qualità e più sostanze antiossidanti nei prodotti
di Carlo Ottaviano
«Il futuro è avere visione». Sergio Capaldo, veterinario e allevatore piemontese, fondatore della start up Simbiotech, risponde così a chi parla di ritorno al passato a proposito dell’agricoltura simbiotica. Curare il sottosuolo, le radici, il terreno in profondità è invece una innovazione tutta italiana, salvo qualche sporadica esperienza in Nicaragua nelle coltivazioni di caffè o nei vigneti della Napa Valley (Usa). La parola simbiotico – che deriva dal greco sun (insieme) + bios (vita) – dice del beneficio reciproco che si scambiano i terreni coltivati e l’uomo: dalla radice fino al piatto, slogan che sembra quasi l’esaltazione della strategia alimentare Farm to Fork 2030 (dai campi alla forchetta) dell’Unione Europea. Semplificando al massimo, l’agricoltura simbiotica è la cura dei microrganismi del terreno, grazie all’humus e ad altri minerali, per incrementare la fertilità e la biodiversità del suolo e allo stesso tempo aiutare il microbiota (un tempo si diceva flora intestinale) dell’uomo che mangia i cibi prodotti in quei luoghi.
L’AMBIENTE
«Il mondo – spiega Capaldo – non dobbiamo inventarlo, ma capirlo e usarlo meglio. Oggi l’agricoltura 4.0, le macchine di precisione, la tecnologia sempre più sofisticata ci permettono di consumare meno gasolio o di fertilizzare anche solo piccolissime particelle. Ma non basta, se non si ha una visione». Quella di Capaldo e di un centinaio di altri coltivatori e allevatori è un mercato nuovo del Made in Italy, legato al terroir. «Dobbiamo avere prodotti che hanno messo radici, cuore e storia nella nostra terra», afferma. Al momento sono un migliaio gli ettari coltivati (prevalentemente orticoli, soia e foraggio) col sistema simbiotico, concentrati in Veneto, Piemonte, Lombardia e Marche e poco più di mille i capi di bestiame allevati su terreni simbiotici. Il sistema riduce notevolmente l’impatto ambientale (l’agricoltura provoca circa il 7% dell’inquinamento globale in Italia), trattenendo la CO2 nel suolo e migliorando la respirazione dei terreni. Inoltre, cambiando le razioni alimentari degli animali si abbattono notevolmente le loro emissioni gassose. «Un’agricoltura e zootecnia sapienti – precisa Capaldo – possono creare degli ambienti virtuosi che vanno a credito di carbonio evitando di contribuire al buco dell’ozono. E sappiamo che il carbonio rilasciato dura nell’atmosfera per 900 anni». Al metodo simbiotico si è giunti partendo dalle ricerche del professor Giusto Giovannetti del Centro colture sperimentali di Aosta (in collaborazione col Cnr e Cia-Agricoltori italiani) sui funghi micorrizzici (il più noto è il tartufo bianco) che hanno la capacità di stimolare la ripresa della biodiversità e dell’attività microbica del suolo. Il merito di favorire la vitalità dei microorganismi, la respirazione dei terreni e il trattenimento di CO2 nel suolo va all’humus e ai cabasiti, cioè minerali zeolitici. Le radici assorbono così più sostanze nutritive, crescono di 600/800 volte, moltiplicando la normale estensione dell’apparato radicale e cambiano spesso la stessa fisiologia della pianta. Le prove hanno evidenziato nel tempo netti miglioramenti dei campi (e quindi la loro rivalutazione economica) e nelle mucche il miglioramento della produzione qualitativa e quantitativa di latte, che in pochi anni è aumentata del 16%. Nelle piante destinate all’alimentazione umana ed animale, è stata dimostrato l’incremento della quantità di sostanze antiossidanti.
IL ” VEICOLO”
«C’è un aspetto – spiega Capaldo – ancora poco raccontato del cibo: l’essere veicolo di trasporto dei microorganismi presenti nella terra (biota microbico) al nostro secondo cervello, cioè l’intestino. Se questi microrganismi nella terra sono buoni, agiranno nel nostro corpo esattamente come agiscono sulle piante: tenendo lontani i batteri cattivi, migliorando l’assorbimento delle sostanze nutritive e mandando dei segnali al cervello. Questi stimolerà in modo positivo il sistema immunitario fortificandoci dagli attacchi esterni (batteri patogeni) e migliorando il nostro benessere generale». Determinanti nell’agricoltura simbiotica sono anche le tradizionali pratiche conservative, come la minima lavorazione del terreno e le rotazioni delle colture. Drasticamente va ridotto il consumo dei fertilizzanti azotati, fosfatici, potassici e fitofarmaci. Tutte indicazioni comprese nel disciplinare di produzione, redatto dalla società consortile E così (la certificazione viene però concessa da enti terzi). Come già avviene per il biologico, al contadino sarà riconosciuto un reddito maggiore «perché la qualità – afferma Capaldo – deve essere remunerata e deve generare reddito». Ai contadini – moderni custodi della terra – viene così restituito valore sociale ed economico. «Il futuro – conclude Capaldo – ha bisogno di conoscenza per affrontare il tema della salute e dell’ambiente: l’agricoltura 4.0 è un driver fondamentale per la ripresa economica del Paese e, grazie a tecnologia, scienza, cultura e innovazione, i custodi della terra potranno diventare i personaggi cardini della società, riscattando il proprio orgoglio e avviando una rivoluzione umanistica e sociale perduta nel tempo».
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